FINIRA' LA LOGICA DEL "TI CATTURO PER SAPERE PERCHE' TI CATTURO"
Chi si è battuto, quanto meno negli ultimi venti anni, perché la legislazione processuale italiana fosse modificata con il passaggio dal sistema inquisitorio a quello tendenzialmente accusatorio, non può salutare con facile entusiasmo l’entrata in vigore della riforma della custodia cautelare appena approvata dal Parlamento.
Infatti, i ventotto articoli della legge 8.8.95 n. 332 «modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e diritto di difesa», costituiscono soltanto un sofferto e talvolta incoerente compromesso fra le varie componenti socio-politiche e giudiziarie che si sono confrontate, anche in modo serrato, dopo un incredibile ingorgo normativo prodotto da una oscillante legislazione con decreto, che ha fortemente insidiato, nel nostro paese, la certezza del diritto.
Anche la giurisprudenza ha fatto la,sua parte, con una martellante produzione di sentenze, in controtendenza rispetto ai principi ispiratori del codice di procedura penale che fu salutato nel 1989 come una moderna riforma di civiltà e giustizia. Quindi, pur con la dovuta prudenza, non ci si può dichiarare del tutto soddisfatti di come siano andate le cose. Si può solo auspicare che il nuovo innesto di norme nell’ormai sconvolto impianto processuale penale non venga ancora pregiudicato da interpretazioni e manipolazioni fuorvianti.
Il vero “buco nero” della nostra giustizia è rappresentato, infatti, dalla mancanza di una cultura ermeneutica che sappia interpretare a fondo le leggi in termini di effettivo bilanciamento fra libertà ed autorità e fra garantismo e difesa sociale. Sicché, non sbaglia chi paventa che, ormai, la giustizia possa essere amministrata non tanto- secondo legge, quanto secondo opportunità. Nei giorni precedenti l’approvazione della legge (subito denominata “manette difficili” ) i mass media si sono già fatti carico di elencare, sia pure in sintesi, le varie novità contenute nella riforma. In buona sostanza, sono almeno due i binari sui quali si è mosso il legislatore: i criteri per l’adozione delle misure cautelari ed il riequilibrio della difesa rispetto all’accusa.
Sul fronte della libertà personale, il nuovo corso processuale indicherà presto ed in modo significativo se, in effetti, la figura del giudice delle Indagini preliminari saprà staccarsi, nella pratica di ogni giorno, dalla lamentata omologazione degli input accusatori prodotti dai pubblici Ministeri, il cui strapotere, peraltro, ancora oggi appare tutt’altro che ridimensionato. E’ il recupero della “terzietà reale” del Gip, infatti, una delle chiavi di volta offerte da questa legge per ridisegnare un processo che restituisca alla custodia cautelare il carattere di eccezionalità. E’ risaputo che in particolare in questi ultimi anni lo sconvolgente uso delle manette per ricercare la prova, si è risolto nella ricorrente pratica dell’aberrante principio “ti catturo per sapere perché ti catturo”, derivato da un’antica e collaudata regola della Santa Inquisizione espressa dal Brocardo “ti torturo per sapere perché ti torturo”.
Quanto alla riconquista di nuovi poteri per la difesa, pur col lodevole richiamo alla possibilità dell’indagine difensiva, la legge è muta circa gli ambiti in cui si potrà muovere l’avvocato: raccoglierà la dichiarazione di testimoni dinanzi al notaio? Incontrerà il testimone già indicato dal Pm? Si avvarrà, finalmente, di esperti investigatori privati, per i quali, senza ulteriori ritardi, dovrà essere istituito l’albo professionale?
La partita da giocare è, ora, davvero grande ed impegnerà tutti gli operatori giudiziari in una pratica dell’etica delle responsabilità di rilevante spessore. I pubblici ministeri dovranno rifuggire da impennate accusatorie ed i difensori dovranno esprimere professionalità e non improvvisazione. I giudici (Gip, Tribunali della libertà, Collegi giudicanti) dovranno recuperare ulteriori spazi di terzietà per un’effettiva centralità di giudizio all’interno del processo penale, nel pieno rispetto dei diritti degli indagati-imputati e delle parti lese. E non è poco!
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